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Fouché, Joseph.

Uomo politico francese. Appartenente all'ordine degli Oratoriani, insegnò in alcuni istituti religiosi, assumendo poi la direzione di un collegio a Nantes. Scoppiata la Rivoluzione, aderì ad essa, abbandonò l'abito talare e rappresentò la Loira Inferiore alla Convenzione nazionale. Rivelò immediatamente la spregiudicatezza politica e l'ambizione che avrebbero contrassegnato tutta la sua carriera. Modificò infatti di volta in volta la propria posizione, spostandosi dall'una all'altra corrente ed entrando a far parte dei vari schieramenti di potere. Fu dapprima su posizioni di moderatismo girondino, poi di estremismo giacobino, affiancando in un primo tempo Robespierre, poi decretandone la fine. Caduto in disgrazia, dopo essere rimasto per qualche tempo in ombra, riconquistò una posizione di prestigio e nel 1799 fu mandato a Milano a rappresentarvi il Direttorio. Richiamato a Parigi, dopo aver compiuto una missione segreta in Olanda, fu nominato ministro generale di Polizia. Appoggiò Napoleone nel colpo di Stato del 18 Brumaio ma, in seguito all'abolizione del suo Ministero, fu allontanato dal governo e nominato senatore. Nel 1804, ripristinato il ministero della Polizia, ritornò a capeggiarlo sino al 1810. Nel 1808 fu creato conte e nel 1809 ebbe il titolo di duca d'Otranto. Provvide a istituire prigioni politiche, autorizzando il Consiglio di Stato ad arrestare e imprigionare gli oppositori, senza sottoporli a processo. Sottopose la stampa a una severa censura, allargò la censura alla stessa corrispondenza e sguinzagliò un esercito di spie e di agenti segreti, in modo da essere informato di ogni movimento di opposizione. Destituito nel 1810, non mancò di tessere le fila per salvaguardare la propria futura carriera nel caso in cui Napoleone venisse rovesciato. Nuovamente ministro di Polizia durante i Cento Giorni, prese accordi con gli Inglesi e con gli anti-bonapartisti, e col suo tradimento diede un contributo decisivo alla caduta del Bonaparte. Nel 1813 Luigi XVIII gli affidò nuovamente il ministero della Polizia, ma fu coinvolto in un complotto contro il re e venne bandito dalla Francia. Si concludeva così la carriera politica di un uomo volubile e privo di scrupoli, straordinariamente abile e ambizioso, che aveva servito con uguale imparzialità la monarchia, la rivoluzione e la restaurazione borbonica (La Pellerin, Nantes 1759 - Trieste 1820).